In copertina: La sintesi disegnata dell’incontro tenutosi il 2 novembre a Cereglio sui Beni Comuni

Racconto della giornata del 3 novembre: Cosa sono i beni comuni?

Ci siamo ritrovati nella sala al piano terra del rinato Ostello la Vignola nel paese di Cereglio, alle 10,30 abbiamo iniziato la riflessione con l’intervento di Guido De Togni, ricercatore, esperto di diritto costituzionale, ed attivista per i beni comuni, con cui siamo andati ad esplorare gli aspetti storici e giuridici che hanno dato vita al concetto dei beni comuni, e il percorso che ha portato alla nascita di vari movimenti di pensiero, tra cui ad esempio la nascita della commissione Rodotà e tutto quello che da li non solo in Italia è scaturito.

Anche se il tema è piu antico, i primi documenti in cui si inizia a delineare sono del III sec d.c con il giurista Marciano che introduzione il concetto Res communes omnium (le cose comuni a tutti) e Res Nullius (cose di nessuno), poi sanciti anche con  la magna Carta, i commons, le comunanze agrarie, le terre collettive, sono sempre state diffusissime, fino a quando dagli inizi della “Grande Trasformazione” come definita da Polany vengono più frontalmente attaccati, alla fine del 1500 in Inghilterra con le recinzioni dei terreni comuni (Enclosures) e poi con tutto il paradigma di pensiero che da li si sviluppa, capitalista e mercificante in seno alle nuove potenze coloniali..

I beni comuni da sempre un tema del diritto, ma anche dell’economia, infatti in epoca contemporanea colei che riporta alla ribalta la riflessione sul tema e Elinor Ostrom con “Governing the commons” nel 1990, in risposta al famoso “Tragedy of the commos “di Hardin ancora figlio di quella mentalità Hobbesiana e lokciana…

In Italia attraverso il lavoro di giuristi come Stefano Rodotà da cui è nata la Commisione Rodotà nel 2007 ed altri come Ugo Mattei promotore del referendum sull’acqua del 2011, che ha portato ad esprimersi 30 milioni di persone, si è sviluppata una nuova e importante stagione di riflessione, e di difesa dei beni comuni in diverse forme, Guido ci parla dell’esperienza vissuta da lui in prima persona del Teatro Valle a Roma, la storia, gli intenti, le assemblee… si accenna ad altre realtà come l’Asilo Filangeri a Napoli, l’ex colorificio liberato a Pisa, Mondeggi..

..cosa rimane cosa si può imparare da queste esperienze? Come ci possiamo muovere a livello giuridico? E la politica?

Oltre allo strumento giuridico, bisogna opporre un’economia della condivisione, l’attenzione e la cura, ad una economia predatoria e basata sull’individuo e lo sfruttamento della natura, bisogna sviluppare una sensibilità e una trasformazione come processo di cooperazione e mutuo aiuto che ci faccia ritornare a difendere collettivamente ciò che è di tutti e di nessuno, e far sì che possa essere vivo e bello anche per le generazioni future..

Come soggetti possiamo cambiare i diritti di proprietà e le regole sociali, evitare di trasformare i rapporti in capitale, e i beni in cose e poi in merci attraverso l’uso di un bene per il soddisfacimento di bisogni e diritti fondamentali, animato dalla forza generativa del Comune emergono i beni comuni. L’azione e la cura collettiva fa emergere la qualità dell’essere-in-comune

Sul finire delle domande e del dibattito Gianni dell’associazione Rizomi, ci racconta la sua storia, e il processo dell’acquisto collettivo di bosco a Conversano,che ha potuto salvare uno dei pochi spazi selvaggi rimasti in una zona gravemente ammalata di agroindustria, dove l’assetto culturale e colturale tradizionale è stato spazzato via…

La mattinata volge al termine, e la convivialità continua con un pranzo condiviso, che abbiamo preparato per chi era presente..

Nel primo pomeriggio alle 15 ci riuniamo nuovamente nella sala invece questa volta in compagnia di Stefano Boni, Antropologo Politico, che ha svolto ricerche in Ghana e si è interrogato a lungo sul potere, e sulle sue declinazioni.

L’antropologia ci permette di vedere il problema dei beni comuni, da una prospettiva più ampia e capire come in altre culture, popolazioni extraeuropee e tradizionali, si intenda il rapporto con l’ambiente, i beni, i rapporti tra gli abitanti e un territorio.

Stefano ci accompagna in un itinerario che intreccia storia, etnografia, riflessioni sulle pratiche tradizionali, l’importanza dell’autogestione, dell’autosostentamento, della condivisione, delle risorse e dell’importanza dell’assemblea.. assemblea come spazio sacro e collettivo, un rituale quello spazio in cui mettere da parte le proprie necessità personali per il bene collettivo.

Seguono racconti di popolazioni, che vivono a contatto con gli ambienti naturali, da migliaia di anni, come ad esempio i Bororo che gestiscono le problematiche collettive, in grandi assemblee dove gli anziani si mettono a piangere quando il clima disteso si rompe, e per tornare il blocco ad una risoluzione, anche gli Zapatisti in Chiapas si uniscono in diverse assemblee, attraverso cui creano metodi di risoluzione del conflitto..

Una comunità che ha superato dei conflitti è più forte di una che fa finta che non ci siano, spesso figure di autorevolezza e di saggezza possono aiutare nel processo. Nell’assemblea è importante trovare un punto di equilibrio in cui il proprio orientamento è incluso in quella negoziazione.

Stefano continua nel segnalare l’importanza della rotazione delle cariche facendo attenzione a quelle troppo carismatiche che possano prevalere dal prendere le decisioni insieme… valorizzare i singoli, agevolare la fluidità dei processi, non darsi delle regole fisse, l’inclusività delle visioni e delle persone, tutti valori che altre tradizioni di pensiero e pratiche di vita sono vive e possono essere di esempio per costruire la nostra… l’importanza delle emozioni e le relazioni, i beni comuni si sviluppano e si fecondano in una comunità emotiva ben consolidata, una comunità dove si può nutrire fiducia negli altri..

Come ricostruirla, questa comunità? Anche prendendo esempio dalle tante che possiamo studiare e attraverso gli incontri reali che possiamo fare,  non si possono continuare a ricostruire rapporti solo virtuali, L’importanza del corpo, il tessuto sociale e la rete degli incontri, la cura dei rapporti..

Il controllo collettivo, la trasparenza, il fatto di essere tutti partecipi a differenza dello Stato che non lo fa, come anche la fiducia sugli aspetti economici.. esempi sui consejos comunales in venezuela.. l’importanza delle norme interne, e le sanzioni della comunità a coloro che non rispettano gli intenti del gruppo, disattenzione verso le esigenze collettive… da secoli i beni comuni vengono erosi.. esempi per arrivare a parlare delle terme di Petriolo come bene comune, di come giuridicamente non possono essere espropriate, politiche privatistiche sui i posti degradati, sono i posti in cui lo stato non riesce ad intervenire..

Su queste principali prospettive si sono mossi i primi passi di questa prima giornata di creazione collettiva di un senso comune sulle cose e i rapporti che vogliamo far divenire comuni, in questo particolare territorio ancora tutto da esplorare..