29 GENNAIO 2023 Bisaboga (Montasico)

Collettivo di Fabbrica GKN
Rete Appenninica
Campi Aperti
Bologna For Climate Justice
Laboratorio Crash
Mondeggi Bene Comune
Genuino Clandestino
Casona Ponticelli/Sollevamenti della Terra
No Passante
…e molti altri.

Firenze, 26 marzo 2022, Bologna 22 ottobre 2022. Due date che attraggono decine di migliaia di persone, da luoghi diversi, da contesti altrettanto vari. Tra queste due città, territori viventi e vissuti ma spesso alieni dalla partecipazione politica nel modello di sviluppo proposto. I fondi arrivano a pioggia, ai grandi progetti, cercando di creare “eccellenze”, di ricreare fonti di guadagno anche dalle intersezioni e dalle “risorse del territorio”.

Il problema è che non viviamo in una intersezione, né in una risorsa. Il modello parco giochi estende la volontà di svago della città, di sfuggire dall’ideologia metropolitana che essa stessa ha creato: esaurita la capacità rigenerativa locale, cerca di attenuare la pressione interna mostrandoci la stampa di un cielo blu stampato sui cartelloni ubblicitari per l’Appennino.

Quale cielo blu, quali “luoghi da cartolina” possano rimanere dopo i continui allargamenti, passanti, trivellamenti, aggiunte di corsie, privatizzazione del trasporto, poli logistici, seggiovie e cementificazione rampante, questo non ci è chiaro. È per questo che le realtà che si sono riunite oggi, 29 gennaio 2023, sono scese in piazza più e più volte, hanno organizzato una marcia dalla Risaia di Ponticelli fino al Corno alle Scale, avendo l’umiltà e la pazienza di accogliere e consultare le realtà sorte dal basso, ascoltare chi vive questi luoghi, e che vivrà le conseguenze delle scelte politiche fatte altrove.

Perché la resistenza non è semplicemente per evitare che questi luoghi “di mezzo” diventino pura villeggiatura o puro transito, ma che essi recuperino una loro centralità, necessariamente diversa da quella imposta dall’alto. La logica contraddittoria è tanto palese quanto profondamente radicata nella società, che ci divide tra beneficiari (o da chi presume di trarne beneficio) e vittime di queste politiche. Questa lotta non può esistere. E’ fondamentale la volontà di confrontarsi e sapere attrarre chi è ancora attratt* da questa idea di progresso fasullo, che vede ancora il “cielo blu”, ma non tutto il resto, che nel nuovo impianto di risalita al Corno alle Scale vede posti di lavoro e non l’arroganza di sparare quantità massicce di neve artificiale in piena emergenza climatica; o a chi trova speranze tecnologiche negli OGM, quando nessuna tecnologia al mondo risolverà la siccità che è visibile fin qui, in un luogo di sorgenti e fiumi.

Farlo significa sviluppare assieme un modello fatto di persone che collaborano, che ripensano l’economia, la mobilità capillare, l’alimentazione, facendole passare per questioni trasversali come quella di genere, senza perdendosi la giustizia sociale per strada, nemmeno, come è stato ricordato oggi, nel silenzio che avvolge chi vive in carcere. Senza litigarsi date, potere, spazi, ma al contrario condividendo tutto e sapendo collaborare: quando eravamo in piazza a Firenze, Bologna, o Napoli, era per il cambiamento, non per avere una fetta di attenzione, per agitare la nostra bandierina. Per questo è emerso che rimanere informati, condividere tutti questi eventi e occasioni (e trovare strumenti efficienti per farlo), è necessario.
Se vediamo che le cause si sposano, è però difficile metterle in pratica, sperimentando o recuperando, senza i luoghi ad esse dedicate: luoghi che con lo sforzo di volontari sono stati trasformati in palestre di condivisione, fare solidale di sociocrazia, di sperimentazione di modelli alternativi. Da Mondeggi, al neonato birrificio GKN, i posti attraggono le energie, consentono di riappropriarci del modo di produrre quello che pensiamo sia giusto, nel modo in cui sia adatto al luogo in cui ci troviamo. Non solo di produrre, ma anche di comunicare: come ci insegna il progetto Antennine, che con tanta buona volontà sta distribuendo materiali e conoscenze per “essere in rete” (questa volta tecnologicamente) senza dovere passare dalla “grande distribuzione” dell’internet.

Ma come ogni cosa, anche questa richiede tanta buona volontà. Partiamo allora dal calendarizzare questi eventi, dal mescolarci tra gruppi diversi, dal condividere esperienze, problematiche, soluzioni; creando contenitori importanti che possano accogliere tutte queste energie che abbiamo sentito in manifestazione, e che sentiamo tutt’ora, per colmare quel vuoto che segue immediatamente ad una mobilitazione di successo, con luoghi fisici che propongano visioni. Non a caso ci troviamo in un luogo che, senza una visione, non è niente: la Bisaboga, un mito inventato, altrimenti un edificio abbandonato e dimenticato, che ha imparato a vivere in questa geografia difficile ripensando quello che può essere la cultura, la socialità, l’alimentazione, le autoproduzioni. In piccolo, con pochi soldi e chiedendo niente in cambio, ma con il consenso, l’attenzione al territorio, la facilitazione, l’inclusività. Da qui è anche nata l’idea della Rete Appenninica, un progetto che mira ad espandere queste capacità, renderli accessibili a tutt*, trovare nuovi luoghi di condivisione.

Anche se indubbiamente in questa cantina della Bisaboga si muore di freddo, è altrettanto indubbio che si vive di una immaginazione concreta.